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LA COSCIENZA DI ZETA

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900Avenue: il «pasticciaccio» di Carlo Emilio Gadda

Affascinante quanto complicato, confusionario quanto affamato d’ordine, Carlo Emilio Gadda è una sfida per i lettori contemporanei. Come un diamante grezzo che si distingue per la sua segreta unicità, lo scrittore dalla prosa-guazzabuglio brilla nel panorama degli autori novecenteschi. Sebbene l’apparato retorico, proprio dei romanzi incompiuti di Gadda, possa ostacolare il lettore nell’avvicinarsi alla sua visione delle cose, in realtà esso si rivelerà lo strumento appropriato per raggiungere il cuore del pensiero dell’autore.

La mescolanza stilistica e l’accumulazione caotica, incline alla minuta descrizione di dettagli insignificanti, danno corpo ad una trama intrecciata e divagante, portata quasi all’esasperazione. La forza espressiva di questo accordo letterario regala peró umorismo grottesco e tragica satira.

«Tendo a una brutale deformazione dei temi che il destino s’è creduto di proponermi come formate cose ed obbietti.»

Il linguaggio utilizzato da Gadda è l’espediente attraverso il quale egli cerca di rappresentare metaforicamente il rapporto traumatico con la realtà, e la precisa concezione filosofica che ne deriva. Il retroscena familiare ed il contesto storico in cui crescerà lo scrittore, inclusa l’esperienza bellica, lo porteranno a sviluppare un’attitudine cupa, solitaria, e repellente verso il caos deforme che gli è intorno.

Nato a Milano nel 1893, Carlo Emilio Gadda vivrà inizialmente in una agiata condizione sociale; l’improvvisa declassazione determinò nel giovane Gadda un’avversione particolare verso i genitori, che avevano mal investito il loro denaro per costruire una villa in Brianza. Questo accaduto segnerà nello scrittore un odio verso la borghesia e la sua vergognosa ostentazione, materializzata nelle ville, che verranno utilizzate come simbolo di disprezzo in La cognizione del dolore. La perdita del suo status sociale, oltre a rendere conflittuale e rancoroso il rapporto con i genitori, diventò per lo scrittore un motivo di disagio perenne.

«Un sentimento di frustrazione sta alla base del mio lavoro e del giudizio che faccio di me stesso.»

Gli studi che intraprese non seguivano i suoi veri interessi; infatti Gadda si iscrisse alla facoltà di ingegneria sott’obbligo della madre, motivo per cui egli le riserberà una glaciale anaffettività. Se questo tormento interiore gli provocò una forte repulsione verso il reale, l’esperienza da volontario durante la Prima Guerra Mondiale sarà un vero colpo di grazia. Il periodo trascorso nelle trincee fece percepire allo scrittore l’inefficienza della macchina bellica e l’esistenza di un male oscuro, che lo mina insistentemente.

La caduta del fratello in guerra, la prigionia in Germania, la nascita del fascismo, il dopo guerra e il boom economico: Gadda transita inquieto in ognuna di queste fasi, alimentando sempre più la consapevolezza sistematica del «turpe pasticcio» che è il mondo.

«Il male affiora a schegge, imprevisto, orribili schegge da sotto il tegumento, da sotto la pelle delle chiacchiere.»

Sembra contraddittorio, ma la vera aspirazione di Gadda tende verso un modello d’ordine universale, dalla natura alla società. Però il mondo non può che essere contrario a questa logicità: il rapporto di causa-effetto non esercita alcuna forza nella vita degli uomini. L’universo è governato da una casualità convergente degli eventi, che offusca la ragione e corrompe i modelli originari di perfezione, sfociando in una spaventosa degenerazione. Tutti gli oggetti, secondo la visione di Gadda, nascono portatori di disgusto; la società invece si fa scrigno di valori scadenti e irrecuperabili, apparentemente signorili e conformi al cattivo costume arrivista. La mancanza d’ordine e la frustrazione derivante, si riflettono nella prosa gaddiana, che ritrae la baroccaggine, la quale si mostra apertamente nelle conversazioni quotidiane, di cui lo scrittore fa il verso per simularne l’oltraggiosa stupidità. L’operazione di smascheramento avviene quindi tramite il linguaggio; infatti Gadda sostiene che «la frode si rivela dal suo nome».

Le pagine gaddiane aspirano a un ideale civile di ordine, in cui ognuno svolge la sua parte; ma il caos, anche quello odierno, non permette il raggiungimento di questa utopia. Nel linguaggio forbito di Gadda traspare una denuncia che può fare da monito: prestare attenzione alle forme di comunicazione che possono ingannarci è fondamentale per sfuggire al fanatismo di massa, e per sottoporre a critica i comportamenti umani.

«Le parole non bastano e sdraiarsi nel comodo letto della vanità ciarliera è come farsi smidollare da una cupa e sonnolenta meretrice.»