E’ datato 18 dicembre l’ultimo tragico incidente sul lavoro costato la vita a 3 operai nel torinese, coinvolti nel crollo della gru sulla quale lavoravano per la ristrutturazione di un palazzo. Roberto Peretto (52), Marco Pozzetti (54) e Filippo Falotico (20) sono le ennesime vittime di una negligenza perpetua che solo nel 2021 è costata la vita a 1371 lavoratori, di cui 676 sui luoghi di lavoro.
Mentre l’Eurostat parla di dati in calo, i numeri in Europa fanno pensare tutt’altro. In Italia dopo una vigorosa diminuzione nel 2020, in grande parte dovuta alla pandemia Covid-19, nel periodo compreso tra gennaio e ottobre del 2021 si segna un aumento del 6,3% per quanto riguarda le denunce di infortuni sul lavoro seppur – fortunatamente – con l’1,8% in meno di conseguenze fatali.
Tuttavia questi dati non tengono conto degli ultimi tre mesi e per un quadro completo bisognerà aspettare l’inizio del 2022. La situazione non sembra migliorare negli altri stati europei e leggendo i dati in termini assoluti, nonostante le premesse della Commissione europea che definiva insostenibili i dati relativi al 2014, il trend sembrerebbe peggiorare. È obbligatorio ricordare inoltre che i dati sopra citati non tengono conto del lavoro sommerso e dei tanti infortuni non denunciati. Nonostante i tentativi e l’invito, rivolto a governi e imprese, di cercare di porre rimedio al tragico fenomeno delle morti bianche, qualcosa non sta funzionando. Ma cosa?
Le cause sono molteplici ovviamente, non solo strutturali e/o legate alla mansione che viene svolta e alla relativa pericolosità di quest’ultima. Come afferma il Dott. Marco Sciarra – responsabile del Servizio Protezione e Prevenzione Università Tor Vergata Roma– alla base vi è anche una scarsa cultura in materia di sicurezza, che può portare ad un’interpretazione troppo burocratizzata e poco pratica delle norme che dovrebbero tutelare i lavoratori, cosi come una percezione della sicurezza sul lavoro come un costo e ad una sindacalizzazione eccessiva delle Rappresentanze dei lavoratori.
La conseguenza principale di queste dinamiche si manifesta principalmente nella sovrapposizione delle figure che compongono la componente consultiva per la sicurezza sul lavoro, che deve provvedere alla tutela del lavoratore, e quelle della componente operativa, ovvero il lavoratore che ha obblighi in materia di sicurezza sul lavoro. In questo modo si crea un’incompatibilità tra controllore e controllato i cui ruoli e i compiti non sono ben definiti .
Un’altra riflessione va fatta per quanto riguarda le attività ispettive, le sanzioni ed in generale tutto l’apparato di controllo da parte delle istituzioni sulle imprese e sui lavoratori. Da anni si evidenzia la necessità di nuove leggi che vadano a colmare le lacune esistenti, senza però soffermarsi sulla necessità di instaurare un effettivo sistema di controllo che verifichi che le leggi stesse vengano rispettate.
In una Repubblica fondata sul lavoro, dove quest’ultimo dev’essere un diritto ma anche un dovere, è inaccettabile correre anche solo il rischio di perdere la vita, cosi come la dignità, poiché la sicurezza non ha costo e le nostre vite non hanno un prezzo.