70 anni fa, il 21 maggio 1952 nasceva una delle personalità che più avrebbero segnato la storia della comunità queer, soprattutto italiana. Mario Mieli è statə una tra le prime voci a porre le basi per le attuali teorie di genere. Simbolo di una liberà conquistata incarnando ogni giorno il proprio pensiero, Mieli ha elaborato un’analisi della società così lucida e attuale da essere ancora oggi rivoluzionaria.
Nato a Milano, fin da piccolo è stato appassionato di scrittura, tanto da pubblicare il suo primo racconto a soli tredici anni. Sua sorella Paola racconta di come da piccoli comunicassero tra loro con una lingua segreta e incomprensibile agli adulti, e di come questa tendenza alla ricerca di un linguaggio nuovo sia stato pilastro fondamentale del suo stile letterario. Per Mieli la commistione dei generi è un mezzo necessario per rompere un sistema fortemente repressivo, cioè quello capitalista, anche a livello culturale e linguistico.
La sua formazione avviene infatti in un contesto fortemente filomarxista, tanto che tutta la sua opera sarà intrisa da un motivo politico molto forte. Sia gli scritti artistici che quelli teorici non sono mai privi di una cifra rivoluzionaria che era parte integrante del pensiero e della vita di Mieli. L’aspetto artistico e politico non sono mai slegati, aspetti di una stessa identità modellata sull’amore per l’arte, in particolare la letteratura e il teatro, e sull’attivismo politico. Lo dimostra la Traviata Norma, opera teatrale messa in scena per la prima volta nel ’76, in cui attori omosessuali, prevalentemente travestiti, si rivolgono direttamente al pubblico eterosessuale, ribaltando contro gli eterosessuali tutti gli stereotipi tipici riguardo l’omosessualità, smascherando l’incoerenza intrinseca del pensiero normato.
La sua visione politica mira ad un’eliminazione totale della norma, che oggi definiremmo etero-cis-patriarcale, che non venisse rimpiazzata con nessuna nuova normatività. Questo obiettivo lo ha portato a militare per anni, prima nel Gay Liberation Front londinese nel ’72, poi nel F.U.O.R.I! a Milano. Per Mieli, la repressione dell’omosessualità e il sistema capitalistico sono due facce dello stesso sistema repressivo, che affonda le sue radici nella repressione del femminile in tutte le sue forme, sia della donna stessa che della femminilità insita nelle persone. Non a caso, quando nel ’74 il F.U.O.R.I! diventa federato al Partito Radicale, assecondando la spinta integrazionista ed assimilazionista che andava per la maggiore, Mieli se ne distacca per fondare i Collettivi Omosessuali Milanesi.
Secondo ləi, la volontà di parte dei movimenti omosessuali di normalizzarsi aveva portato ad un clima di tolleranza repressiva, in cui viene rinforzato un modello di mascolinità e di virilità anche nel mondo omosessuale, che porta alla violenza e alla marginalizzazione delle “checche”, ossia del femminile anche all’interno della comunità stessa. La base per un altro tipo di rivoluzione è invece il transessualismo. Il vero potere trasformativo è nelle mani del travestito, in quanto, come afferma sua sorella Paola Mieli, la sua stessa esistenza ‹‹scompiglia l’idea di dualismo sessuale e mostra l’assurdità e l’assolutizzazione ideologica della differenza biologica tra i sessi››.
Tutto questo confluisce nella riscrittura della sua tesi di laurea, edita Einaudi nel ’77, e pubblicata come Elementi di critica omosessuale, oggi un classico della letteratura teorica queer. In quegli anni fa anche le sue prime apparizioni televisive come scrittore e militante. In una delle più iconiche, lə troviamo in tuta da operaio bianca, tacchi a spillo e trucco vistoso intento a chiedere ai lavoratori dell’ Alfa Romeo cosa ne pensassero dell’omosessualità, distribuendo volantini sul “vero comunismo”. Episodi come questo dimostrano come incarnasse e vivesse il suo pensiero in maniera talmente profonda da palesare in modo semplice e dirompente le contraddizioni intrinseche della società capitalista e patriarcale, anche per mezzo della sua sola presenza.
A seguito di questa pubblicazione si dedica alla scrittura del suo ultimo romanzo autobiografico, Il Risveglio dei Faraoni, pubblicato postumo nel 1994. Nello stesso periodo scopre un nuovo interesse per la magia e l’esoterismo. Questa sua ultima opera, da alcuni definita schizofrenica, porta i segni di un disagio psichico aggravatosi negli anni ed allo stesso tempo di una lucidità ancora molto presente, come se il Mieli personaggio e il Mieli autore dialogassero tra la realtà e il delirio. L’origine della sua malattia risaliva già al periodo di vita a Londra, da cui era tornato con una grave forma di depressione.
In ogni caso Mieli ne parlava in modo diverso. Vedeva la sua follia, così come la chiamava, come un modo di accedere ad una conoscenza nuova, ad una visione del mondo diversa. La sua condizione psicologica era l’ennesimo motivo di marginalizzazione, altro segno di una impossibilità e di un rifiuto di normarsi, volontà nata in un contesto fortemente anti-patologizzazione come quello dei movimenti di liberazione omosessuale. Purtroppo le radici della sua malattia erano talmente profonde da portarlo a togliersi la vita nel 1983. Una vita dedicata e intrisa di arte e politica, due parti in simbiosi di una personalità che militava e si faceva icona della rivoluzione semplicemente esistendo.