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Denver cavallo selvaggio

Un’altra stagione NBA è giunta al termine decretando i Denver Nuggets come nuovi campioni con Nikola Jokic MVP. È il trionfo di una franchigia costruita con il tempo, aspettando tutti i giocatori scelti al draft e scambiando le giuste pedine per arrivare a profili più adatti per il gioco di Malone.

Le origini della vittoria di Denver risalgono al 2015, quando in Colorado regnava la mediocrità e le speranze di titolo erano svanite con l’addio di Carmelo Anthony. Arriva Michael Malone, allenatore alle prime armi che era stato appena esonerato dai disastrosi Sacramento Kings.
Qualche mese prima era stato scelto al draft alla numero 41 un ragazzone serbo che non pronunciava una parola di inglese e aveva una strana ossessione per i cavalli, Nikola Jokic. Un momento che le telecamere della NBA neanche ripresero in diretta.
Il rookie aveva l’altezza di un centro, le mani di un playmaker, il tiro di una guardia e il fisico di un’ ala. A quel punto Malone dovette fare una scelta cruciale: tenere o meno un giocatore così indecifrabile ma potenzialmente irrefrenabile.
Denver non aveva possibilità di fare mercato quindi la scelta fu più facile del previsto, Jokic sarà il giocatore cardine del progetto.

Il piano prevedeva il tutto per tutto sul draft, fino a quando la squadra non sarebbe stata adatta per i playoff della spietata Western Conference dominata dalle texane e californiane. Anno dopo anno, con le scelte di Jamal Murray e Michael Porter Junior, i Nuggets riescono a diventare una contender.
Nel 2020 Denver raggiunge le finali di Conference giocando una pallacanestro meravigliosa grazie soprattutto alla forma scintillante di Murray. Si arrenderà solamente a gara 6 contro i Lakers futuri campioni.

Il mercato di Murray e Jokic era cresciuto a dismisura e le offerte, in primis per il canadese, stavano per far cedere la franchigia del Colorado. Vinse la volontà di Malone nel tenere con sè tutti i giocatori principali della squadra.
Nel frattempo, Jokic domina la lega vincendo per due volte il titolo di MVP. L’ipotesi titolo a quel punto inizia a non essere più solo un sogno. Nel suo periodo di maggior forma, però, Murray subisce un grave infortunio che lo costringerà ai box per quasi due anni.

Senza il candese, I Nuggets vengono spazzati via prima dai Phoneix Suns poi dai Golden State Warriors – le due finaliste a ovest dei rispettivi anni – spegnendo i sogni di gloria in Colorado. Iniziava ad aleggiare il pensiero che questo team fosse destinato a rimanere incompiuto come fu per quelli di Iverson e Anthony.

Mancava qualcosa. Non una stella da prendere in giro nella lega e costruire un pacchetto di big-3 che poi sarebbe fallito – chiamare Brooklyn per chiedere – ma dei giocatori solidi, affidabili nei momenti decisivi. In poco più di un anno il general manager Booth aggiunge al team tre giocatori che rispecchiavano i profili che la franchigia stava cercando: Bruce Brown, Aaron Gordon e Kentavious Caldwell-Pope.

Michael Poter Jr – spesso criticato per l’atteggiamento – si mette a servizio della squadra perdendo la sua voglia di essere il giocatore copertina.
Aaron Gordon – ricordato prettamente per le schiacciate – migliora il tiro e scopre di essere un ottimo realizzatore dall’arco. Denver è pronta a vincere.

Tornando ai giorni nostri, I Playoff del 2023 sono stati terra di conquista dei Nuggets. Quattro sconfitte in totale, mai in svantaggio durante una serie e sempre in gestione. Un trionfo da ogni punto di vista statistico a cui l’NBA raramente ha assistito.

L’MVP delle finali è ovviamente colui da cui tutto è iniziato, la scelta numero 41  – senza diretta televisiva – ha conquistato l’Olimpo del basket. Il giocatore più forte del mondo della squadra più forte del pianeta è Nikola Jokic. Un atleta che dopo aver vinto il suo primo titolo ha consolato ogni singolo giocatore di Miami – anche loro meriterebbero pagine di celebrazione – prima di iniziare i festeggiamenti.

Questa meravigliosa franchigia ha dimostrato che nella lega più importante del mondo non è necessario rincorrere i contratti delle stelle per vincere, ma credere nelle scelte fatte durante i Draft. Come fu per la prima Golden State. Una grande lezione per le compagini dell’Arizona e del Texas. Lunga vita ai Denver Nuggets.