Le IA, intelligenze artificiali, sono tutti i sistemi informatici ideati con lo scopo di simulare e replicare le capacità del cervello umano: dall’apprendimento automatico (machine learning) all’elaborazione del linguaggio comune.
Il concetto fondamentale per capire questa branca dell’informatica, è quello di replicazione della mente umana, che avviene attraverso tre fasi: apprendimento, ragionamento e risoluzione dei problemi.
Ora, la domanda, sorgerà spontanea: perché realizzare una tecnologia che replica quello che già l’uomo fa? La risposta è molto più semplice di quanto si possa immaginare, e c’entra col tempo: poter utilizzare con continuità gli strumenti del cervello umano con l’efficienza e la rapidità di calcolo degli elaboratori aprirebbe orizzonti inimmaginabili.
Inoltre, ovviamente, un’intelligenza artificiale non è soggetta alla sfera emotiva. Invece, l’essere umano viene costantemente travolto da emozioni che influenzano anche in minima parte il suo modo di fare e il suo processo decisionale. Ciò porta a volte a commettere considerevoli errori. Ecco perché prendere decisioni in modo impassibile, ma perfettamente logico, può risultare un grande vantaggio nella risoluzione di problemi anche complessi.
Si cominciò a parlare di intelligenza artificiale intorno al 1956. Durante un convegno presso il Dartmouth College, nel New Hampshire, furono presentati una serie programmi innovativi. Uno di questi prendeva il nome di Logic Theorist, e già riusciva a compiere alcuni ragionamenti perfettamente logici, come vere e proprie dimostrazioni legate al mondo della matematica. Nel corso degli anni, ovviamente, i software sono diventati sempre più complessi e performanti.
La tecnologia fondamentale che le IA utilizzano è l’apprendimento automatico, in termini tecnici chiamato Machine Learning. Si utilizzano algoritmi che permettono di costruire veri e propri pattern allenando una rete che simula quella dei neuroni umani tramite dei dati di test. In questo modo l’algoritmo impara, migliora le proprie capacità (dai suoi stessi errori) e amplia il suo pacchetto decisionale.
Una branca del machine learning è il deep learning: in questo caso l’apprendimento automatico sfrutta le cosiddette reti neurali artificiali, capaci di replicare i neuroni del cervello umano tramite un numero arbitrario di nodi interconnessi che, in parallelo, elaborano numerose informazioni. Il DL permette di combinare molteplici livelli, diversi tra loro anche per complessità e numero di nodi.
Ad oggi, l’espressione di intelligenza artificiale più diffusa è ChatGPT, il celeberrimo software capace di rispondere – idealmente – a qualsiasi domanda gli venga posta. Sotto al cofano del gioiellino di OpenAI, però, c’è anche una tecnologia nota come transformer, che permette di tradurre il nostro linguaggio naturale in linguaggio macchina. Dunque, ChatGPT non risponde utilizzando un vero e proprio ragionamento, ma semplicemente comprendendo il senso della domanda, attingendo al suo enorme database che la alimenta, ed elaborando in maniera logica e algoritmica la risposta più probabile a quel quesito.
Nel 2023, oramai, l’intelligenza artificiale è ovunque: dallo sblocco dello schermo dello smartphone alla separazione dei rifiuti per il riciclo, dalle casse automatiche del supermercato al riconoscimento di volti, oggetti e immagini per fini di sicurezza. Uno dei settori che però ha indubbiamente beneficiato di più dei progressi delle IA è la robotica, che traduce logica e algoritmi in azioni reali. La guida automatica delle autovetture Tesla, per esempio, usufruisce di un vero e proprio pilota artificiale che, con l’ausilio di videocamere e sensori pensati per imitare il senso umano della vista, permette di muovere il veicolo in maniera totalmente autonoma. Ma non solo: la celeberrima Boston Dynamics lavora oramai da anni con macchine umanoidi che sembrano uscite da un film di fantascienza.
Ovviamente, non tutto oro è quello che luccica, e mano a mano che le potenzialità delle intelligenze artificiali abbattono nuove frontiere, crescono anche le preoccupazioni legate ad un loro utilizzo improprio, se non addirittura violento o criminale.
Alla base del loro funzionamento, le IA utilizzano l’apprendimento di dati. Di qualunque tipo di dato. Nasce così un enorme problema: la tutela della privacy. Sarebbe possibile effettivamente utilizzare macchine così potenti solo per scopi benefici? Innanzitutto, con l’aumentare della diffusione di macchine capaci di ragionamenti complessi, nasce un problema di sicurezza informatica e di protezione dagli attacchi. Ma non solo: anche pensando ad un utilizzo tradizionale di questi strumenti, nasce il problema della capacità di discernere il giusto e lo sbagliato da parte di una macchina allenata a ragionare solo in maniera logica per arrivare alla soluzione che ritiene migliore. L’essere umano ha una coscienza, che gli permette di prendere delle decisioni, secondo lui corrette, tra migliaia di scelte possibili.
Per concludere, macchine del genere, se utilizzate nel modo corretto, possono essere un valido braccio destro per l’essere umano. Utilizzare, per esempio, un robot muratore per fare i lavori più pericolosi in un cantiere, installare delle protesi intelligenti che permettono di riprodurre esattamente un arto, con anche la possibilità di provare la sensazione del tatto. E sono solamente due di tantissimi altri utilizzi dove le AI possono intervenire e dare un aiuto concreto all’uomo.
Uno dei guru tecnologici del mondo contemporaneo, Elon Musk, negli scorsi mesi ha sottoscritto una lettera chiedendo una pausa, di almeno sei mesi, di tutti gli esperimenti che facevano uso di IA. E, di seguito, aggiungendo: «I potenti sistemi di intelligenza artificiale dovrebbero essere sviluppati solo quando saremo certi che i loro effetti saranno positivi e i loro rischi saranno gestibili». Da questo, si può dedurre come, ancora oggi, non sappiamo precisamente quale direzione stiano prendendo sistemi del genere. Alla fine, la domanda che rimane è: esisterà in un futuro prossimo, un limite che veramente nessuna macchina, neanche la migliore, riuscirà a scavalcare?