«Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo. L’Italia ha vinto la finale battendo la Germania 3-1». 40 anni fa vincevamo il nostro terzo titolo mondiale, agganciando il Brasile nel palmarés. Un campionato del mondo che cambiò il concetto di mondiale per gli italiani, una squadra divenuta leggendaria a partire dall’allenatore: Enzo Bearzot. Una vittoria entrata nella cultura di massa di chi l’ha vissuta e chi è nato dopo, un ricordo che ancora rieccheggia forte quasi quanto quello di Germania 2006. Riviviamo il Mundial spagnolo attraverso 6 istantanee iconiche, per ripercorrere il magico cammino di una nazionale che ha stupito il mondo.
Il duello (Italia-Argentina)
Nell’82 la FIFA scelse una formula particolare per la competizione. Dopo una divisione in 6 gironi delle 24 squadre partecipanti, le prime due classificate accedettero alla seconda fase a gironi in cui erano presenti 3 gruppi con 3 nazionali al suo interno. L’Italia capitò con Argentina e Brasile. Due delle principali favorite alla vittoria finale, per un girone d’acciaio quasi impossibile da superare.
Per la prima partita del gironcino, contro l’albiceleste di Diego Armando Maradona, Bearzot decise di mettere lo juventino Claudio Gentile, il difensore più fisico a disposizione, a uomo sul Pibe de oro. Gento fu formidabile e riuscì a contenere il 10 argentino con le buone e soprattutto con le cattive. Una difesa eccezionale, al limite della regolarità, permise agli azzurri di detronizzare i campioni in carica per 2-1, con i gol dei bianconeri Tardelli e Cabrini.
La partita (Italia-Brasile)
«Uno dei due deve portarmi la coppa!» disse l’allora presidente della Roma Dino Viola ai suoi gioiellini Bruno Conti e Paulo Falcao. I due si incontreranno nella seconda partita del girone d’acciaio. Battuta l’Argentina, per entrambe le nazionali quell’incontro rappresentava l’accesso alle semifinali, o vita o morte. Giocata a Barcellona con un sole che ricordava Messico ’70, gli azzurri si imposero per 3-2 contro i fenomeni della Seleção, superandoli per la prima volta in un Mondiale dopo il 1938.
Dopo la sconfitta, il popolo brasiliano reagì in maniera drammatica: la stampa locale arrivò a soprannominare l’incontro la tragedia del Sarrià. L’allenatore della nazionale, Telê Santana, fu accusato di non aver difeso a dovere il pareggio, che avrebbe comunque permesso al Brasile di passare il turno. Zico, successivamente, riconobbe in quel match la fine del futebol bailado sudamericano, costretto a cedere il passo al maggiore tatticismo europeo.
Pablito (Italia-Brasile)
5′, 25′, 74′. Una tripletta che schiacciò il Brasile più forte a non aver mai vinto il mondiale. Voluto a tutti i costi dal Vecio Bearzot dopo due anni di assenza dovuti alla squalifica per il caso Totonero, venne convocato nonostante le feroci critiche da parte della stampa.
Sarà il miglior marcatore e il simbolo di quel Mondiale, arrivando ad aggiudicarsi il pallone d’oro 1982. Un ragazzo semplice, con la forza nelle gambe e nel cuore, che fu il volto di una nazione che volava verso il periodo più glorioso per il calcio. «Paolo Rossi era un ragazzo come noi».
L’urlo di Tardelli (Italia-Germania)
La finale. La partita più importante della vita. Italia-Germania, «amici mai» direbbe Venditti.
Il Santiago Bernabeu di Madrid pieno, il presidente Sandro Pertini che arriva all’ultimo, Bearzot con la pipa in bocca. Si parte: il primo tempo è duro, le squadre si studiano cercando più di non perderla che di vincerla. Nella ripresa qualcosa negli Azzurri cambia, la grinta che li ha contraddistinti per tutto il mondiale riempie le vene dei giocatori italiani e non lascia scampo alla Germania. Rossi, il solito Pablito, sblocca il risultato mandando Pertini sul tetto dello stadio del Real Madrid. Al 69′ un’azione corale dell’italia porta la Germania a chiudersi in difesa e un timido Beppe Bergomi si trova addirittura nell’area offensiva.
La palla arriva a Tardelli: tiro, 2-0. L’ansia scompare, i tedeschi non sono invincibili. Tardelli sembra quasi non sapere come esprimere la sua gioia, e si lascia andare. Una corsa verso l’infinito urlando con un volto quasi indemoniato: instant classic. Altobelli la chiude, Breitner porta la bandiera a casa ed è 3-1. Campioni del mondo.
Il capitano (Dino Zoff)
Tutti i giocatori di quella nazionale sono diventati iconici, da Bruno Conti a Gaetano Scirea, ai già citati Rossi, Gentile e Tardelli. Per rappresentare in una foto ciò che era quel gruppo, però, un ritratto di Dino Zoff è forse l’istantanea più azzeccata. Un leader silenzioso che insieme all’amico Scirea ha retto quella nazionale di fenomeni. Unico a sottoporsi alle interviste post e pre gare, unico 40enne in campo: un gigante buono che ha riportato a casa la coppa più bella di tutte.
La partita di scopone (Zoff, Pertini, Causio, Bearzot)
Zoff-Pertini contro Causio-Bearzot. Al posto del CT avrebbe dovuto giocare Cesare Maldini, suo vice, ma all’ultimo si alzò e il Vecio occupò il suo posto. Una foto leggendaria che fece il giro del mondo. Forse la fotografia più rappresentativa di quell’estate italiana. Il presidente più amato con la nazionale più amata. Un mondiale partito senza aspettative, pieno di incertezze e con la convinzione di tornare a casa a mani vuote.
Dopo 40 anni il ricordo di Spagna ’82 è ancora vivo e continua ad esserci nei cuori di chi l’ha vissuto e nelle generazioni successive. Perché quando vince la nazionale di calcio, trionfa un paese intero.