Nel 1923 Trieste è da poco stata annessa al regno d’Italia, tramite il trattato di Rapallo. Durante un freddo autunno nasce Cesare Benito Bruto Rubcich, meglio conosciuto come Cesare Rubini. I tratti balcanici sia somatici che caratteriali sono evidenti. Il padre ha trasmesso al ragazzo un volto da uomo vissuto, grazie al quale riuscirà a incutere timore nei confronti dei suoi avversari. Rubini è un figlio del mare, di una città portuale che gli ha dato tutto ed è riuscito a rappresentare al meglio. Cresce dividendo la sua vita tra i campi di pallacanestro e le corsie delle piscine, affermandosi sia sul parquet che nella pallanuoto.
Il ragazzo è atleticamente fenomenale e ha un enorme senso della competizione. Sono gli anni in cui a dominare le prime pagine dei giornali è proprio la rivalità più famosa del nostro paese, quella tra Coppi e Bartali. E nei giorni in cui quest’ultimo vince il Tour de France, il presidente della Triestina Milano Adolfo Bogoncelli viaggia verso Trieste per ingaggiare Rubini e altri sette cestiti triestini. Bogoncelli è un giovane imprenditore che, trasferendosi da Treviso a Milano, si innamora della pallacanestro vedendo giocare la dopolavoro Borletti. Da quest’ultima, anni dopo, acquisirà il titolo sportivo per creare l’Olimpia Milano.
“Quando Adolfo Bogoncelli si presentò ai Bagni Ausonia di Trieste insieme all’amico Albino Bocciai, ex giocatore anche della Virtus Bologna, ex nazionale, ma triestino, per convincere sette giocatori locali a sposare il suo progetto, quello di militare nella Triestina Milano, per promuovere la città nel dopo guerra e superare le ipotetiche difficoltà a svolgere la stessa attività a Trieste, aveva ben chiaro in mente che per portarli in Lombardia non avrebbe dovuto spendere troppo tempo parlando con tutti. Sarebbe bastato convincerne uno. Il leader del gruppo. Cesare Rubini.” (Ufficio Stampa Olimpia Milano).
A Milano, Rubini, domina il parquet. Alternandosi tra attacco e difesa, riuscendo a portare nelle menti dei suoi compagni di squadra la sua stessa voglia di vincere: ogni scontro, partita o campionato andava vinto.
Nel cuore di Rubini però, alberga un solo sport, la pallanuoto. A Trieste, dopo che la madre l’aveva buttato in acqua in tenera età, si annoiava a correre avanti e dietro in vasca, Cesare aveva bisogno di competere con qualcuno. Nel 1948 accetta la chiamata della nazionale per i Giochi Olimpici di Londra dove vince l’oro battendo la favorita Olanda. Proprio con lui nascerà il “settebello d’oro” diventandone successivamente capitano. Nei club vincerà in veste di giocatore/allenatore sei scudetti.
“Rubini preferiva la pallanuoto, senza dubbio. Ha giocato in nazionale anche nella pallacanestro, ma è in piscina che ha goduto, come atleta” – Oscar Eleni
Non si era mai visto un atleta così in Europa, capace di conquistare due sport contemporaneamente. Sopranominato “il Principe”, il figlio di Trieste diventa il volto dello sport italiano. Un viso che, come detto, sembrava fosse di un uomo maturo e non di un ventenne. Forse proprio per questo rappresenta al meglio l’Italia colpita nel profondo, e che in quel periodo ha solo voglia di tornare a respirare.
Dopo dieci anni in cui vince in entrambi gli sport, senza mai fermarsi, si ritira restando allenatore dell’Olimpia Milano fino al 1973. Capisce che la strada ideale per arrivare a costruire una squadra vincente e continua, è quella di puntare sui giovani. Pesca un po’ in America, con risultati alterni ma riuscendo a strappare dei fenomeni alla NBA, come Arthur Kenney. In sedici anni sulla panchina milanese disputa 601 incontri vincendone 501, numeri insensati, conquistando tutto quello che si poteva vincere, più volte. Rubini è l’allenatore con il palmares più ricco della storia di questo sport. Metà dei titoli vinti dall’Olimpia sono arrivati grazie al Principe. Grazie a lui la pallacanestro in Italia è arrivata ad altissimi livelli, complice anche l’arrivo di un certo Dino Meneghin. Il suo nome campeggia nelle Hall of Fame del basket e della pallanuoto a livello internazionale, un’ulteriore conferma del segno che ha impresso su questi sport.
Cesare Rubini è stato uno dei volti combattenti dell’Italia del dopoguerra. Condottieri di una mentalità professionistica in ambienti dove si guadagnava poco. Non è stato un uomo ricco di parole, ha preferito far parlare i fatti nella sua vita. Nel 2022 l’Olimpia ha deciso di intitolargli il campo da gioco, a dimostrazione di quanto è stato importante il principe per gli attuali Campioni d’Italia. Cento anni fa nasceva uno degli sportivi e uomini italiani più iconici della storia. Se in questo momento un paio di bambini stanno giocando a basket o a pallanuoto, a Trieste e forse in gran parte dell’Italia, è anche grazie a lui. Bimbi che seguono i passi di un mito magari raccontato dai loro nonni, che tanto tempo fa incitavano alla radio.