Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L’altro, che abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell’altra. D’altronde non aveva alcuna vertebra cervicale rotta ed era evidente che non fosse stato impiccato. L’uomo al quale era appartenuto era quindi giunto lì, e lì era morto. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere.
(V. Hugo, Notre-Dame de Paris, 1831)
Così, con Quasimodo che stringe la sua Esmeralda per l’eternità, si conclude Notre-Dame de Paris (1831) di Victor Hugo.
Victor Hugo (1802-1885) pubblica Notre-Dame de Paris nel 1831, a soli ventinove anni. Una storia gotica, d’amore e di perdizione, in cui si intrecciano le vicende di Quasimodo, campanaro della cattedrale cresciuto tra le sue guglie, di Esmeralda, quindicenne gitana, le cui vicende si intrecciano con quelle di un cinico capitano degli arcieri, Phoebus de Châteaupers, e dell’arcidiacono della cattedrale, Claude Frollo, vero antagonista della narrazione. Il romanzo mette in scena una serie di coincidenze che avviluppano i personaggi in situazioni drammatiche, fino ad arrivare a una conclusione tragica, un dramma che si svolge su più piani, da quello morale a quello affettivo. La cattedrale di Notre-Dame, capolavoro dell’arte gotica, è lo scenario principale degli avvenimenti, che l’autore dipinge con dettagliate descrizioni storiche, filosofiche e politiche.
Si tratta di un romanzo storico in cui la penna di Hugo, uno dei più grandi scrittori romantici dell’Ottocento, fa confluire l’interesse per la riflessione morale sul destino e il problema socio-politico sulla giustizia umana all’interno della società, che spesso infierisce sui deboli, come Esmeralda, o si basa sui pregiudizi verso gli emarginati, come Quasimodo. Nelle sue opere si sprigiona un vento di romanticismo sociale che cerca umanità tra i cosiddetti ultimi, tra i poveri e tra coloro che soffrono.
La zingara Esmeralda, attraverso la sua danza ipnotica, è metafora di gioia vitale e di un’ingenua purezza, mentre Quasimodo, abbandonato dai suoi genitori a causa della sua deformità, subisce le cattiverie della gente comune e in particolare del meschino arcidiacono Frollo. I personaggi si fanno emblema delle passioni umane, che si impongono con forza e prepotenza tra le pagine attraverso sentimenti quali rabbia, gelosia, amore, mediocrità morale e paura.
Le tematiche affrontate nel romanzo sono molteplici e complesse. Primo tra tutti spicca il tema dell’amore. Tutti i protagonisti sono infatti innamorati, ma i loro sentimenti sono del tutto speculari. Da una parte troviamo Phoebus e Frollo, che sono animati da un desiderio di possesso egoistico che riversano sulla sventurata gitana. Dall’altro lato abbiamo Esmeralda e Quasimodo: nel loro cuore trova posto un amore puro che non cederà neanche davanti a un ricatto, ma rimarrà sempre integro e innocente.
L’amore di Quasimodo per Esmeralda, impossibile nella vita, diventa, con la morte dei due protagonisti, una possibilità oltre il cielo, lontani da una città e società diffidenti nei confronti del diverso. C’è qualcosa di particolarmente triste e sublime nella figura di due scheletri fissati in un ultimo abbraccio: l’immagine di due amanti che si danno riparo contro il freddo della fine che avanza sembra dare corpo all’ideale romantico dell’amore in grado di vincere la morte.