Cosa sappiamo noi di Mario? Nulla.
Non conosciamo il suo vero nome e nemmeno siamo in grado di immaginare i suoi lunghi anni di sofferenza. L’unica toccante testimonianza da cui possiamo percepire il suo strazio interiore è la sua voce.
Una voce che nonostante l’indifferenza altrui, continua in modo pacato a denunciare la sua condizione, reclamando il diritto di decidere sulla propria vita.
Mario, nel video reso pubblico dall’associazione Luca Coscioni, racconta la sua storia: “Purtroppo da undici anni sono paralizzato dalle spalle ai piedi, a causa di un incidente stradale. Destino? Colpa mia? Non lo so, ma è andata così”.
Dopo anni di lotta fisica e psicologica Mario è riuscito ad ottenere dalla Corte Costituzionale il via libera per il suicidio assistito, evitando l’esilio in Svizzera e potendo rimanere accanto alla sua famiglia. Dal punto di vista giuridico l’esito della battaglia di Mario contro le istituzioni è certamente un assoluto traguardo, ma non possiamo ricordarci di lui solo come simbolo di una conquista.
Mario prima di tutto è stato una persona che la vita, come lui stesso afferma, l’ha vissuta, e nessuno avrebbe mai dovuto intercedere nella sua decisione. Non è difficile comprendere che una vita di affanni e di immobilità non è più definibile come tale, soprattutto se la persona affetta da patologia irreversibile è perfettamente conscia del suo dolore e dei limiti che ne conseguono. Il corpo diventa una prigione dalla quale si vorrebbe solo fuggire. Mario voleva smettere di vivere e non solo gli veniva impedito, ma era anche costretto a fronteggiare il silenzio di chi avrebbe dovuto accogliere le sue richieste d’aiuto.
Seppur il caso sia stato relegato nelle retrovie della burocrazia, lui ha continuato imperterrito nella sua lotta sfruttando la voce per smuovere un intero sistema, bloccato nel suo immobilismo, di fronte alla necessità di un’urgente risposta al disagio denunciato. Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie all’intervento dell’associazione Luca Coscioni e al supporto legale di Filomena Gallo, affiancata dalla sua equipe di avvocati.
“Non nego che ho provato una forte emozione”: queste le parole di Mario dopo che i medici incaricati di valutare l’idoneità al suicidio assistito, guardandolo negli occhi, hanno compreso la motivazione che l’ha portato a scegliere quella strada, quella che avrebbe portato a termine un’agonia che durava da troppi anni e che finalmente gli avrebbe recato una dignitosa pace. Questa reazione porta a pensare che prima di emanare qualsiasi giudizio è giusto chiedersi cosa possa portare un uomo a chiedere di morire.
La morte può presentarsi tramite un’assurda casualità o come un pacifico declino, e sebbene sia complicato calarsi nei panni di un uomo che si trovava nella più lancinante delle situazioni, in una sorta di continuo tormento perfettamente cosciente, ciò non vuol dire che gli si debba togliere il diritto di scegliere per la propria esistenza. “Ogni secondo che passa, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno è un’interminabile agonia aspettando un futuro che non avrà futuro”: Mario non nasconde il patimento e non lo fa per elemosinare compassione, conosce il valore del suo dolore e per questo preme sul fatto che non può essere sottovalutato da terzi, né può essere condannato ulteriormente a pene inutili.
Inclusiva è la visione che Mario ha della posizione di coloro che soffrono di disabilità; infatti sottolinea la diversità di ognuno, che si declina nell’atto di compiere scelte diverse in base “alla soglia del dolore e della dignità umana differente”. Proprio in merito a questa considerazione è fondamentale che il Parlamento agisca al più presto per evitare che le persone destinate a prognosi infauste vivano un incubo del genere, sotto ogni punto di vista.
Ciò che è avvenuto ci rammenta la necessità di una legge che tuteli pienamente chi si trova nella sua stessa situazione. Da questa esperienza emerge il fatto che il dolore e la pietà vengono messi da parte, assumendo un valore secondario rispetto alla comodità delle scelte prese da parte della politica, la quale troppo spesso tergiversa davanti a quelle che dovrebbero essere questioni di prim’ordine. Ma di Mario rimarrà l’eco della voce, innesco di un cambiamento tanto atteso e che finalmente sembra avvenire.