Da decenni si parla di come i calciatori abbiano una vita sportiva “breve”, che già da teenager debbano dimostrano tutte le qualità che possiedono. Arrivare a giocare per la Juventus, il Milan o per l’Inter, ed essere capaci di reggere il peso della Nazionale maggiore. Questa mentalità ha rovinato il calcio italiano che non ha saputo attendere i propri giovani, lasciati nelle serie minori o addirittura in campionati esteri mediocri.
Ma come in tutte le storie, c’è un’eccezione. Un calciatore che a ventisei anni è diventato un pilastro del Napoli e dell’Italia, che pochi giorni fa è diventato campione d’Italia con i partenopei da capitano -dopo un certo ricciolino argentino- dimostrando grande leadership e un carisma da fuoriclasse. Eppure il 22 azzurro fino al 2017 correva per le fasce dei campi di Serie C, con la maglia del Matera. Come ha fatto in sei anni a vincere Europeo e scudetto? «Grazie alla perseveranza», come direbbe il personaggio di un film di Paolo Sorrentino. Perché la famosa “occasione” Di Lorenzo l’ha avuta quattordici anni fa, nel 2009: dopo un torneo estivo in cui giocò meravigliosamente a meno di sedici anni, la Reggina -che facendo un parallelismo odierno è come il Frosinone- non se lo lascia scappare e lo porta in Calabria. Lontano dalla sua Toscana e dai genitori tanto amati. Gli amaranto stavano costruendo una squadra formata da due tipi di giocatori: l’undici titolare formato da calciatori maturi e di categoria, e una panchina di talenti provenienti da Lega Pro e Serie D che sarebbero cresciuti in primavera per poi passare in prima squadra. Di Lorenzo si trovava in quest’ultima categoria e doveva dimostrare di poter giocare tra i grandi, inseguendo il sogno della Serie A. In Primavera diventa capitano dei calabresi. Ma non basta, deve dimostrare ancora altro. Arriva il passaggio più complicato della carriera del nostro protagonista: il passaggio in prestito al Cuneo. Montagne, freddo, neve e Lega pro, a farsi le ossa -le famose ossa che i giovani devono farsi- giocando tutto il campionato. Se la cava bene e la Reggina lo richiama per lottare sulle fasce, perché Di Lorenzo è un terzino che spinge e che sa sia difendere che attaccare: prima che la Lucchese lo abbassasse a difensore, da bambino faceva l’attaccante ed era soprannominato “Batigol”. I calabresi sono scesi in Lega Pro e per DL si tratta del primo “stop” per la salita alla Serie A. Gioca bene e viene acquistato dal Matera che sta costruendo una squadra giovane per puntare la B, e il nome dell’ormai ventiquattrenne sta girando sempre di più. É diventato il miglior terzino del campionato; lo vogliono tutti. Nel 2017 arriva la seconda opportunità, e -come nelle trame dei film più belli- arriva da casa, dalla Toscana: è l’Empoli. Stessa storia della Reggina, una squadra appena scesa dalla serie maggiore che punta a risalire subito. Di Lorenzo farà parte della cavalcata alla vittoria di quel campionato, è il primo titolo nazionale della carriera ma soprattutto è Serie A, il sogno si è realizzato.
Il 19 agosto del 2018 esordisce finalmente nella serie maggiore. Nonostante la retrocessione in Serie B, per i toscani Di Lorenzo non ha perso il treno e sogna di rimanere in massima divisione. A giugno dell’anno successivo arriva la chiamata del Napoli, che scommette in lui perché ha visto del talento, nonostante non sia più giovane. Dall’Empoli i partenopei pochi anni prima avevano pescato giocatori fondamentali come Hysaj e Zielinski, e puntano a rifare un nuovo colpaccio. Di Lorenzo darà anima e cuore al Napoli con delle prestazioni da grande giocatore. Poco dopo arriva la prima chiamata del CT Mancini per la Nazionale, tutti i sogni ricorsi per 26 anni sono finalmente realtà. Con l’Italia Di Lorenzo vincerà Euro 2020 da titolare, scavalcando il veterano Florenzi tra le gerarchie. Dopo l’affermazione nel “calcio dei grandi” e la vittoria con la Nazionale, per un calciatore non resta che vincere l’ambito scudetto, diventare per sempre Campioni d’Italia. L’ultimo tassello per coronare una carriera fatta di sudore, perseveranza e sacrifici.
Per completare il puzzle c’è bisogno di un personaggio finale, il padre putativo del protagonista, Luciano Spalletti. Dopo l’addio di Insigne l’allenatore toscano ha avuto l’arduo compito di scegliere il nuovo capitano del Napoli, un peso che in pochissimi sono capaci di portare. Tra i 27 in rosa c’è un solo leader, un solo traghettatore nato: «Giovanni sarà il vostro nuovo capitano». Una fascia che porta su di sé un intero popolo, che da settimane sta festeggiando il suo terzo scudetto.
Dopo Maradona c’è Di Lorenzo, ed è forse la soddisfazione più grande che un calciatore possa avere. Ora Cuneo sembra così lontana, i campi della Serie C calpestati per anni sono il ricordo di un uomo che è diventato il simbolo di una città. La conferma che non c’è età per questo sport.