Conoscere è il presupposto per comprendere la realtà. Richiede uno sforzo, ma consente di avere delle chiavi di lettura al passo con i tempi, evitando di essere anacronistici, o peggio, pigri e inermi davanti al cambiamento. Per questo motivo nasce la rubrica Glossario, inaugurata da Alice Zaccardi nell’articolo di apertura della redazione Arcobaleno, intitolato Glossario Arcobaleno – Identità Sessuale.
A tal proposito, il 2022 è iniziato con due notizie importanti per la comunità LGBTQIA+, MJ Rodriguez e il primo Golden Globe la comunità trans e la magnifica partecipazione di Drusilla Foer al Festival di Sanremo, dandoci l’occasione di fare chiarezza su concetti che spesso vengono confusi: Drag queen, Drag king, crossdresser e persona transgender.
Drag Queen. Termine inglese che definisce artistɜ, solitamente uomini, che si esibiscono in canti, imitazioni, cabaret e balli indossando trucco e abiti che esagerano i caratteri di un corpo femminile. Sebbene questa sia la definizione più comune, esempi come Sasha Velour, vincitrice della nona edizione di RuPaul Drag Race, mostrano come il drag si stia affermando sempre più come un’arte vera e propria, che non si può ridurre alla semplice accentuazione di tratti femminili.
Le origini del termine non sono chiare, ma l’etimologia più popolare suggerisce che Drag sia l’acronimo di «Dressed Resembling A Girl» letteralmente tradotto in «vestito come una ragazza». Il termine veniva usato per descrivere il travestimento teatrale maschile quando ancora alle donne era impedito recitare.
Sappiamo anche del suo utilizzo nel Polari, uno slang britannico che univa influenze provenienti da diverse lingue, utilizzato spesso da uomini omosessuali per riconoscersi in tempi in cui l’omosessualità era illegale.
Drag King. Espressione inglese che designa persone, solitamente donne, che si esibiscono su un palco o in un locale, interpretando personaggi famosi o anche solo stereotipi maschili, ponendo l’accento su aspetti estetici virili come barbe e abiti da ufficio.
Come per le drag queen, lo spettacolo solitamente include parti ballate, cantante e recitate. Una differenza importante sta nel fatto che i drag king formano spesso gruppi per i propri spettacoli, mentre le queen calcano solitamente le scene da soliste.
Per quanto riguarda i termini Crossdresser e travestitə, il discorso è un po’ più complesso.
Per come sono nati i due termini, il crossdressing identificava l’atto sporadico, saltuario o relegato alla sola sfera privata, di indossare, per svariati motivi , abiti che in un determinato ambito socio-culturale sono comunemente associati al ruolo di genere opposto, indipendentemente dall’identità di genere percepita o dall’orientamento sessuale.
Il termine travestitə veniva invece riservato a chi indossa regolarmente abiti che rimandano al sesso opposto, per motivi legati alla propria identità di genere.
Questo, però, è stato per molto tempo utilizzato con fini chiaramente denigratori per riferirsi alle persone trans e non solo. Per questo motivo, ad oggi è praticamente sparito del linguaggio comune.
Si parla piuttosto di crossdressing in generale nei casi in cui si indossano abiti che non rispecchiano lo stereotipo del proprio genere per motivi di spettacolo. Quando invece una persona non si identifica nel genere assegnato alla nascita, si parla semplicemente di persona transgender.
Infatti il termine transgender indica persone la cui identità di genere non corrisponde al genere o sesso biologico assegnato alla nascita. Si identificano in questo modo persone che presentano un atteggiamento sociale e sessuale che combina caratteristiche del genere maschile e di quello femminile, senza identificarsi interamente in nessuno dei due (persone transgender non-binarie), e persone che si identificano in modo transitorio o persistente con un genere diverso da quello assegnato (persone transgender binarie). È bene precisare, però, che l’abbigliamento non è una discriminante sufficiente di per sé, rientrando nell’ambito dell’espressione di genere.
Citando l’antesignana madre delle drag queen, RuPaul, «Travestirsi significa prendersi gioco dell’identità, siamo camaleonti. Oggi siamo questo, domani siamo quell’altro. Ma è un gioco d’identità. Per le persone transgender invece l’identità è una faccenda molto seria – la loro identità è ciò che sono davvero».